Sistema di localizzazione indoor

In ambito lavorativo, sia in campo privato che pubblico, è essenziale assicurare il delicato equilibrio tra gli interessi dell’attività e i diritti degli individui; in tal senso uno dei temi centrali e particolarmente acceso nel corso degli ultimi tempi è quello del tracciamento dei lavoratori.

Quando, come e perché si può tracciare

Come mette in luce il sito laleggepertutti.it a questa pagina il Garante della privacy permette il trattamento dei dati se esso viene  giustificato dal legittimo interesse dell’azienda, a certe condizioni ovviamente, cioè quando la tracciabilità del telefonino usato dal dipendente o del GPS di un mezzo aziendale è di fondamentale importanza per il buon andamento della società, sempre nel rispetto, comunque, delle garanzie di lavoratori e terzi.
Il legittimo interesse dell’azienda va comunque inserito in un procedimento che richiede il parere positivo dell’Autorità della privacy, la quale può acconsentire o meno al trattamento dei dati a certe condizioni.

Uno dei metodi utilizzati per tale trattamento è il ricorso a sistemi di geolocalizzazione, che si possono impiegare senza il consenso dei lavoratori solo quando l’apparecchiatura (ovvero il GPS stesso) si rende necessario per portare a termine il lavoro (si pensi al caso dei corrieri addetti alle spedizioni). Se, al contrario, i sistemi di geolocalizzazione sono degli elementi aggiuntivi rispetto agli strumenti di lavoro, la loro installazione è permessa soltanto tramite accordo con la rappresentanza sindacale oppure – in mancanza di questo – con il benestare dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Il Garante ha inoltre dato riscontro positivo al trattamento dei dati senza consenso nel caso di tracciabilità di smartphone e tablet usati dai dipendenti, sempre per legittimo interesse dell’azienda (nel caso specifico, l’Autorità si è pronunciata sul caso di un servizio di controllo di qualità della distribuzione di materiale pubblicitario nelle cassette postali):  un sistema di tracciabilità di questo tipo non può contenere dati che consentano di identificare il dipendente (vanno quindi utilizzati degli pseudonimi) e i tempi per la conservazione dei dati raccolti devono essere consoni a quelli medi per la gestione di eventuali contestazioni da parte dei clienti; sui dispositivi, inoltre, deve essere attiva un’icona per tutto il tempo in cui è in funzione il sistema di tracciabilità.

Un altro dei motivi-chiave del tracciamento è la sicurezza stessa dei lavoratori: la maggior parte degli incidenti (il 60-80% dei casi), infatti, è legata ai cattivi comportamenti degli individui e, a tal proposito, come evidenziato da un articolo de “Il Sole 24 ore” un nuovo interessante approccio è costituito dal cosiddetto Bbs (Behaviour-based safety), cioè lo studio dei comportamenti dei dipendenti, “anzitutto indagando i motivi per cui in determinate situazioni non sia stato posto in atto un comportamento adeguato e, poi, attuando delle strategie che pur avendo una finalità correttiva, si fondano anzitutto sui concetti di collaborazione […] e valorizzazione delle persone”. Sulla base degli studi effettuati sul campo in cui quest’approccio viene impiegato, sembra che i lavoratori testino direttamente il collegamento tra atti realizzati in sicurezza e salvaguardia della salute personale.

A tal fine, però, risulta utile riuscire a realizzare un sistema di localizzazione detto “indoor” cioè interno. Come spesso capita, le possibilità di implementazione sono molteplici; di seguito ne illustriamo una piuttosto economica e molto funzionale.

Localizzazione interna con BLE e Raspberry

La software house Valeprog ha illustrato come realizzare un sistema di localizzazione di questo tipo in pochi semplici passaggi.

Come si accennava su, uno dei motivi principali che può portare un’azienda a realizzare un sistema di questo tipo è la possibilità di conoscere in tempo reale la posizione di cose o persone all’interno di un locale, sia per motivi di sicurezza sia per il monitoraggio preciso dei dati. A tal fine bastano solo tre elementi per implementare una soluzione di questo tipo:

  1. Beacon BLE, da assegnare alle persone o da collegare agli oggetti da monitorare: questi sono dei piccoli dispositivi hardware, di dimensioni pari circa a un tappo di bottiglia che rilasciano in maniera continua un segnale bluetooth a bassa energia, che ricopre un raggio d’azione pari a massimo 20 m; essi sono dotati di una batteria e, dunque, sono impiegabili sia in modalità fissa che mobile;
  2. delle antenne che registrino il passaggio dei Beacon nella loro zona: si possono impiegare dei mini PC, come i Raspberry PI; quando uno dei beacon entra nella zona di controllo di questi dispositivi, essi registrano il dato con il relativo orario – stessa cosa che si verifica all’uscita dal raggio d’azione;
  3. un software che permetta di gestire i dati registrati: i dati possono essere salvati in un database online, accedendo al quale è possibile visualizzare in tempo reale e in qualsiasi momento la situazione.

Come si può notare, una soluzione di questo tipo permette di avere un controllo e un monitoraggio pressoché totali dei luoghi di lavoro e può essere sfruttata in un vasto range di casi.

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